E’ difficile aprire questa raccolta di poesie. Non voglio incorrere nell’ovvietà di dire che sono poesie dense di dolore e domanda.
In qualche modo la poesia è sempre una domanda, sia per chi la scrive, sia per chi la legge: la domanda di una messa a fuoco della realtà nelle sue apparenze più misteriose, quelle che talvolta ci colpiscono in modo particolare, inspiegabilmente.
E i componimenti qui proposti sono senz’altro il frutto di questo tentativo di comprendere, prendere dentro di sé, accogliere gli aspetti più travagliati della vita senza farsene fagocitare. Imparando a voler bene, a “innamorarsi di quest’io / troppo maltrattato” (G.C. ).
Per molti di questi testi poetici userei la parola naïf, nel senso di quell’ingenuità tutta bambina, semplice e naturale di guardare il mondo con occhi sgranati (uno sgranarsi per dolore, per stupore, per entrambi, inscindibili), dove non c’è artificio nella espressione di sé.
E i cuori che vivono dietro questi testi, le anime che hanno sofferto, gli occhi che hanno visto, le voci che parlano sono capaci di profondità nel penetrare, in un lampo, un guizzo d’intuizione, anche solo di poche righe, la circostanza del reale. Come in questi versi di A.P. di Desio:
E ancora mi rialzo
rinnovando passioni
che mi inginocchiano
sempre.
O in VITA, sempre di A. P.:
Stretto crinale di monte
Ove cammino insicuro
Lo sguardo al piano volgendo
E il desiderio più in alto
Lacerazione di nervi
Naufragio di ragione e di affetti.
Son dunque testi senz’altro frutto di un lavoro su di sé, di uno sguardo interiore che domanda il significato della realtà e del proprio essere, riflettendo sulle questioni esistenziali basilari in ogni uomo: l’amore (atteso, desiderato, temuto), il senso del tempo, il senso del male interiore e del limite, la paura, la solitudine, la morte…
Nell’eterogeneità degli autori, c’è qualche volta una maggiore perizia scolastica nell’usare le parole, come in CANCELLI di R.I di Desio, che rende l’idea di un desiderio di andare in quella “promessa di venti”:
…
Ameni ornamenti alle pietre dell’uomo
Gentili supporti alle rosse verzure di maggio
e braccia pietose al gelo del verno.
…
Sartie alla candida vela
che freme alla brezza,
promessa di venti, di mari lontani.
Oppure troviamo il tentativo di fare poesia ricercando anche le rime o le assonanze, in una filastrocca piena di grande struggimento e meravigliosa in quel “sogno/ d’un sogno più gentile…”:
Niente più fame
niente più sete
sull’albero bianco
s’aprono vie segrete.
Ti ripensai nell’autunno sottile
trasportato dal sogno
d’un sogno più gentile.
…
(R.B. – Desio)
In alcuni testi si percepisce anche una certa musicalità, un ritmo che fa sperare che la voce esistenziale abbia ritrovato il suo fluido e sereno scorrere, dopo il fiato spezzato del dolore.
Non t’amo come se fossi rosa di sale, topazio o freccia
di garofani che propagano il fuoco:
t’amo come si amano certe cose oscure,
segretamente, tra l’ ombra e l’ anima.
T’ amo come la pianta che non fiorisce
e reca dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori.
…
(Anonimo – Carate)
Talvolta l’autore si lascia travolgere dalla visione, accostando immagini che creano scintille fra loro, facendo quasi perdere l’apparente nesso logico del testo poetico:
Il tempo
Una balestra
Una distesa di fiori
Una porta
…
(C.G.)
Là dove, invece, resta la fatica con tutto il suo peso, c’è l’evasione nella rêverie, nel sogno, o nella ricerca dell’emozione che scalda il cuore per un po’, come in NUVOLE BIANCHE, di E.C.
…
Respiri
sogni
gioie
pianti…
Passi di danza.
fra nuvole bianche…
Emozioni
per sempre.
O BIMBI DI MILANO, di R. – Monza:
…
Poveri bimbi di Milano
ci ritroveremo tutti
in piazza del Duomo
a sognare
il futuro.
Ma ciò che rimane, alla fine della lettura di questi testi, è la sensazione di essere stati di fronte ad uomini, feriti sì, ma non definiti dal loro male:
Padre se ho sbagliato, sbaglio e sbaglierò
sono solo… un uomo.
…
Uomini, seduti immobili su troni di vetro,
stupiti a mirare il letto del fiume,
…
E.B.- Monza
E resta soprattutto la intesa comunanza. La forza di condivisione che questi testi hanno verso di noi. Sì, noi ci sentiamo accolti in queste parole. Noi che siamo così come queste parole dicono.
La poesia è uno strano sbandamento. Al di là delle mille possibili relazioni tra la deviazione poetica e quella che assume tutti i nomi possibili della deviazione mentale, e al di là delle infinite e quasi sempre inutili discussioni su tale legame, resta il fatto imponente di questo libretto: questi uomini nel dire di loro dicono di noi. Questo è l’inizio supremo e fragile di una comunità. Quella di cui tutti abbiamo bisogno.
Davide Rondoni