Primo anniversario della soppressione per fame, sete, paura di EluanaNel primo post abbiamo chiarito che il timore è quello della legalizzazione dell’eutanasia non consensuale; abbiamo, poi, sottolineato che i principi generali enunciati dall’articolo 1 del progetto non forniscono garanzie certe, soprattutto se la legge si rivelerà essere una “legge ipocrita”.
Iniziamo con questo post l’analisi delle norme operative del progetto.
Il divieto di accanimento terapeutico.
La prima norma che giustifica i timori si trova nell’articolo 1 lettera f: “La presente legge … garantisce che in casi di pazienti in stato di fine vita o in condizione di morte prevista come imminente, il medico debba astenersi da trattamenti straordinari non proporzionati rispetto alle condizioni cliniche del paziente o agli obiettivi di cura”.
Sembra una norma innocua, di buon senso, ma non lo è affatto: cerchiamo di capire perché.
In primo luogo: la legge stabilisce un divieto per il medico e, quindi, un diritto del paziente a non subire trattamenti “straordinari non proporzionati”.
Dove si farà valere questo diritto? Davanti ad un Giudice civile. Quando i radicali minacciano che, una volta approvata la legge, i Tribunali saranno pieni di cause intentate contro i medici, essi hanno in mente anche questa norma.
Quale sarebbe l’oggetto di questa causa? Il medico curante verrà citato in giudizio per contestare una terapia ancora in corso e per costringerlo a cambiarla o a farla cessare. Un giudice dovrà decidere sulle terapie erogate ai pazienti! Questo è l’effetto di avere trasformato una regola deontologica (quella che ciascun medico deve seguire in base ai principi della sua professione) in regola giuridica, stabilita per legge.
Chi potrà intentare la causa? Ovviamente il paziente, titolare del diritto; ma anche i suoi legali rappresentanti se si tratta di incapace: genitori di minori o tutori di interdetti. Come non ricordare Piergiorgio Welby (i giudici civili respinsero la sua domanda di sospendere le terapie, affermando che il suo diritto non era tutelato: ecco, ora lo sarà…) e Beppino Englaro (egli agiva come tutore della figlia interdetta, sostenendo che ogni terapia o cura prestata ad Eluana integrava un accanimento terapeutico…)? La legge normalizza due tipi di azione che molti avevano ritenuto al di fuori dell’ordinamento.
Non basta: chi sono i pazienti in stato di fine vita? La legge non fornisce alcuna definizione. Facciamola breve: è pacifico che i soggetti in cd. stato vegetativo (la condizione in cui si trovava Eluana Englaro) rientrano nella categoria; e come negare, ad esempio, che un anziano colpito da demenza non si trovi in stato di fine vita (in ogni caso morirà tra qualche anno…)?
Emerge una gravissima discriminazione: alcune categorie di pazienti non devono essere curati al meglio: le “condizioni cliniche” o gli “obbiettivi di cura” comportano il divieto di terapie straordinarie – quelle, cioè, che permettono alla medicina di avanzare ogni anno, scoprendo nuove terapie e raggiungendo nuovi risultati! E quali sono gli obbiettivi di cura per un soggetto in stato vegetativo persistente (“non tornerà mai più alla coscienza”) o per un vecchio malato di Alzheimer?
Concludiamo, quindi, su questo punto: lo scenario prevedibile è che altri Beppino Englaro promuovano cause contro i medici che curano altre Eluana Englaro, sostenendo che le terapie erogate sono sproporzionate, straordinarie, non adeguate agli obbiettivi di cura, tenuto conto delle condizioni cliniche.
In queste cause (sicuramente ammissibili, alla luce del testo di legge) si tenterà, tra l’altro, di scardinare il divieto di sospensione dell’alimentazione e idratazione artificiali (di cui parleremo nei prossimi post), sostenendo che si tratta di terapie, se del caso mediante apposite eccezioni di costituzionalità (pensate che non si troveranno Giudici civili pronti a sollevarle?).
L’effetto sui medici volenterosi si avrà, comunque, già prima: basterà la minaccia di promuovere una causa …
Il tutto – si noti bene – non ha niente a che vedere con il divieto dell’accanimento terapeutico, che riguarda soltanto i pazienti terminali, prossimi alla morte.
Nei prossimi post vedremo come il potere dato a tutori, amministratori di sostegno, genitori di minori completa questo quadro che già fa intravedere un uso della legge a favore dell’eutanasia dei malati.
Giacomo Rocchi