Oportet ut scandala eveniant
di Paolo Deotto
(in calce all’articolo trovate la documentazione)
Giorgio Celsi, infermiere, fondatore del gruppo “Ora et Labora in Difesa della Vita”
Questa è una storia davvero brutta, una di quelle storie che non si vorrebbero mai raccontare, perché prendono lo stomaco, angosciano. Ma è una storia vera, e gravissima, e quindi va raccontata, anche se l’ipocrisia, il sopruso, l’arroganza del potere e il disprezzo per la vita umana sono protagonisti.
Molti conoscono Giorgio Celsi, fondatore del gruppo Ora et Labora in difesa della Vita. Lo conoscono perché questo infermiere quasi cinquantenne è stato ed è presente davanti a tanti ospedali a manifestare contro l’aborto. Giorgio ha scelto una professione sanitaria, quindi ha scelto di tutelare la vita e la salute. Inoltre ha un difetto imperdonabile per questa Società sempre più immersa nella cloaca del relativismo: è cattolico. Non solo, ma è un cattolico che vuole gridare la Verità sui tetti, che non ha paura. E, non avendo paura, che fa? Dice la Verità. Orrore!
Dire la Verità, nell’Italia 2011, è la cosa più ardita che si possa fare.
E la Verità è che l’aborto è un crimine, perché consiste nell’uccisione di un essere umano innocente, che vive e cresce nel grembo della madre. L’aborto è il più vigliacco degli omicidi, commesso contro chi è totalmente indifeso, e fa sempre due vittime: il bimbo ucciso e la madre, la cui coscienza prima o poi si risveglia, e tante donne sanno i tormenti in cui si trovano.
Da tempo Giorgio Celsi distribuisce volantini di fronte agli ospedali in cui la macelleria è sciaguratamente attiva. Indossa la divisa da infermiere, né in questo c’è nulla di strano, essendo lui infermiere, ed espone una croce sulla quale sono attaccati tanti piccoli feti di plastica, come potete vedere dalla fotografia.
Più volte Giorgio, e con lui gli altri volontari di Ora et Labora in Difesa della Vita, sono stati attaccati. Ad esempio, ci sono spiriti delicati a cui non interessa che un bimbo sia gettato a pezzi nel secchio dei rifiuti, ma che provano terribile angoscia nel vedere quella Croce, che è un vero colpo di mazza sulle coscienze assopite degli abortisti. Poiché siamo un Paese democratico (non libero, ma democratico) bisogna però mantenere un minimo di rispetto delle forme, e così finora nessuno era riuscito a tacitare questa voce scomoda e imbarazzante, perché la libertà di espressione è un po’ pericoloso attaccarla frontalmente.
Ma, pensa e ripensa, a qualcuno è venuto in mente un sistema per intimidire Giorgio Celsi, anche se chi lo conosce sa che intimidirlo non è cosa facile. Pensa e ripensa, i cultori della legalità hanno detto: ma questo rompiscatole manifesta indossando a divisa da infermiere. Ecco come colpirlo! Il dott. Giovanni Muttillo, presidente del Collegio degli infermieri di Milano e Lodi, aderente al gruppuscolo di Di Pietro detto “IdV”, scrive a Celsi e lo ammonisce: “La scelta di utilizzare simboli come la croce con finti feti, e farsi ritrarre al fianco di essa, sempre indossando il camice, certamente offende il decoro, la dignità e l’immagine della professione infermieristica”.
Inevitabile, seppur detta con vaselinosi toni, la minaccia finale del provvedimento disciplinare. Ovvero: attento a quello che fai, perché se ti cancelliamo dal Collegio, resti disoccupato.
La Società degli ipocriti ha orrore della pena di morte, figuriamoci. Ma dice al dissidente: ti togliamo il lavoro. Bello vero?
Il dott. Muttillo non spiega perché mai Celsi offenda il decoro della professione. Non ci risulta che Celsi, indossando il camice, inviti la popolazione ad atti immorali o sovversivi. Semplicemente, ricorda quella Verità che disturba le delicate orecchie dei moralisti legalisti, per i quali la più grande porcheria diventa lecita se prevista dalla legge. Possiamo dedurre che le persecuzioni antiebraiche adottate nella Germana hitleriana erano giuste e lecite, essendo state decise con regolari procedimenti legislativi. E non è che un esempio, tra moltissimi.
Giorgio Celsi incarica l’avv. Pietro Guerini di rispondere al Collegio. Il legale scrive al Presidente del Collegio, ricordando che (almeno per ora, n.d.r.) l’Italia è un Paese in cui la libera espressione del proprio pensiero è costituzionalmente garantita.
Ed ecco la risposta del Collegio alla lettera dell’avv. Guerini: il solerte presidente annuncia che proporrà al Consiglio direttivo l’apertura del procedimento disciplinare per violazione degli obblighi deontologici.
Insomma, si viola la deontologia professionale facendo un’attività del tutto lecita, quale è la manifestazione del proprio pensiero, senza fare alcuna violenza o coercizione contro chi diversamente la pensa. Questo è scandaloso, e il fatto di volersi aggrappare all’uso di Celsi a manifestare con la divisa indosso sta a dimostrare la pervicace volontà di trovare argomenti per attaccarlo. Perché, ripetiamo, si disonora una divisa se indossandola si compiono atti immorali, riprovevoli. Ma, signor Presidente del Collegio, Celsi che ha fatto di illegale, immorale, riprovevole?
Una curiosità, signor Presidente: se Celsi avesse partecipato in divisa a un “Gay Pride”, Lei sarebbe stato così solerte? Lo so, è una domanda bislacca, perché manca la situazione specifica (Celsi, grazie al Cielo, è un uomo normale), ma tutto in questa vicenda è bislacco, per dirla con garbo.
Per ora comunque una certezza è acquisita: secondo il Presidente del Collegio infermieri di Milano e Lodi è illecito manifestare il proprio pensiero in uniforme. Fantastico. Un argomento che starebbe in piedi se Celsi facesse queste manifestazioni durante gli orari di servizio, creando così disservizio, con danno per la salute dei malati. E invece no: Celsi il suo lavoro lo fa, poi, quando avrebbe il diritto di riposare, va a manifestare, perché è così matto da essere convinto che la Vita vada rispettata.
Siamo seri: ora Giorgio Celsi rischia il posto di lavoro. Lo rischia perché “è andato al macello per tutti noi” perché è un Uomo che non ha cercato la sua convenienza, ma la difesa del Bene e della Verità.
Riscossa Cristiana nei prossimi giorni promuoverà azioni a solidarietà di questo indomito testimone. Intanto è importante che questa vicenda sia conosciuta, perché il silenzio è sempre desiderato da chi commette soprusi: così li compie senza seccature.
Non possiamo accettare che Giorgio Celsi rischi il lavoro perché ha detto la Verità. Se lo abbandoniamo, accettiamo vilmente che un Uomo libero possa essere censurato e privato del lavoro perché non è in linea col pensiero dominante, tanto minoritario quanto arrogante e prepotente. E se accettiamo questa vergogna, perdiamo ogni diritto di dolerci dei prossimi, inevitabili, soprusi.
APPENDICE – DOCUMENTI
La prima lettera del Collegio degli Infermieri
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lettera di riscontro dell’avv. Pietro Guerini
STUDIO LEGALE AVV. PIETRO GUERINI
PIAZZA OROLOGIO 60
24023 CLUSONE ( BG )
TEL. 335 5458280
FAX 035 361639
Raccomandata a.r.
Clusone , 11 ottobre 2011
EGR. DOTT.
GIOVANNI MUTTILLO
PRESSO IPASVI
VIA ADIGE 20
20135 MILANO
Sono stato incaricato dal sig. Giorgio Celsi di riscontrare la Sua lettera di diffida rivoltagli con
raccomandata spedita il 9-9-2011 ,ed avente come testuale oggetto “ Manifestazioni avanti
l’Ospedale S.Anna– Uso del camice professionale “ .
Diffida con la quale si è inteso e s’intende contrastare sia il diritto alla libera manifestazione del
pensiero del mio assistito , tutelato costituzionalmente dall’art. 21 , che i diritti riconosciuti a tutti i
lavoratori dal relativo Statuto , tradottosi nella L. 300/ 1970 .
Evidente è il carattere politico delle Sue contestazioni , essendo pacifico il contrasto tra le
posizioni che il sig. Celsi assume quale attivista “ pro life “ e quelle che Lei notoriamente esprime
nei Suoi articoli , quale , ad esempio , quello di recente pubblicato sul DDL Calabrò , ed introdotto
dalle significative parole “ DDl Calabrò : l’unica speranza è quella di prendere un treno per
Lugano ! “ .
Orbene , ciò che accomuna quest’ultimo pezzo ( intitolato “ La posizione degli infermieri sulle
problematiche di fine vita “ ) e la diffida rivolta al mio cliente , nella quale contesta allo stesso di
assumere posizioni non condivise dal restante personale della struttura presso la quale opera , è la
Sua convinzione di esprimere l’opinione unanime di una categoria professionale , opinione
perfettamente coincidente con la Sua .
Fortunatamente il nostro è un paese libero e pluralista , il che consente a soggetti come il mio
assistito di liberamente combattere la propria battaglia a difesa del diritto alla vita degli ultimi , i
concepiti , che non godono di alcuna tutela nel nostro ordinamento giuridico , alla luce della
vigenza della L. 194/78 , per l’abrogazione referendaria della quale ho costituito l’associazione
no194 ( di cui al sito www. no194. org ) , della quale sono Portavoce nazionale , onorandomi di
aver scelto il Celsi stesso quale Referente per la provincia di Monzabrianza .
Onorato dovrebbe essere pure Lei della circostanza che un infermiere intenda con il Suo
comportamento fornire un’immagine diversa da quella oggettivamente percepibile da molti ,
secondo i quali le strutture sanitarie sarebbero luoghi ove , tra l’altro , si sopprimerebbero , sia pur
legalmente , concepiti , tanto più se tale comportamento , a quanto Lei riferisce , si esprimesse
adottando l’abbigliamento tipico del personale ospedaliero , con un positivo impatto visivo sulla
collettività .
Se Lei non ravvisa alcun motivo per essere onorato di ciò , consenta comunque ad un cittadino di
esprimere liberamente le proprie opinioni , anche se da Lei non condivise .
In caso contrario , ognuno si assumerà le sue responsabilità , in ogni sede .
Distinti saluti .
AVV. PIETRO GUERINI
La seconda lettera del Collegio degli Infermieri
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Articolo sul “Cittadino”
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Articolo sul “Corriere della Sera”
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articolo sul “Giornale di Carate”
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