L’ironia della sorte prende a volte cammini dolorosi: due uomini hanno fatto ciascuno una scoperta fondamentale che, sperano, farà progredire la medicina e progettare seriamente la guarigione del malato. Uno è il professor Liley, originario della Nuova Zelanda, che inventa una tecnica di diagnosi prenatale. Spera che si potrà finalmente individuare e curare più precocemente i bambini malati. L’altro è mio padre che ha scoperto la causa della Trisomia 21 e cerca ogni mezzo per curare tale malattia. Anche lui è con vinto che bisogna curarla il più presto possibile, in utero.
I due uomini si conoscono e si stimano. Impotenti, assisteranno allo snaturamento delle loro scoperte. L’amniocentesi e il cariotipo apriranno in fatti la via scientifica per eliminare prima della nascita gli “indesiderabili”: le loro scoperte sono deviate dall’obiettivo iniziale. “Dossier sul lo schermo”, una trasmissione che al l’epoca aveva grande audience, solleva per la prima volta nel corso di un di battito televisivo il problema del l’aborto per i bambi ni che già prima di nascere presentano un qual che handicap. E in quel momento l’unico handicap riconoscibile prima della nascita è la trisomia.
I genitori vivono con apprensione, qua si fosse una caccia al trisomico: «Che ha fatto di male il mio ometto perché sopprimano quelli come lui?». Un giorno un ragazzo trisomico di dieci anni si presenta al lo studio. Piange ed è inconsolabile. La mamma spiega: «Ha vi sto con noi il dibattito di ieri sera». Il ragazzo getta le braccia al collo di papà e dice: «Voglio no ucciderci. Ci devi di fendere. Noi siamo troppo deboli, non sappiamo farlo da soli».