esiste solo contro gli stranieri;
Mai il contrario
Oggi si celebra la “Giornata mondiale contro il razzismo”, una ricorrenza di cui tutti sentivano il bisogno. Ci si immagina una serie di cerimonie e di discorsi, la fibrillazione della Caritas e del ministro Riccardi, gran ciambellano dell’accoglienza a tutti i costi: anche queste sono tutte cose di cui non si poteva fare a meno e che certo renderanno migliore l’esistenza del mondo. Ma è soprattutto l’Unar al centro dei festeggiamenti e delle pensose radunanze. Cosa sia l’Unar è ignoto ai più ma è giusto che se ne abbia piena conoscenza in virtù della sua opera davvero essenziale per la nostra vita di comunità umana.
L’Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica (Unar, Ufficio Nazionale Andidiscriminazioni Razziali) è stato istituito con il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, in recepimento della direttiva comunitaria n. 2000/43 e opera nell’ambito del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri. L’istituzione è avvenuta per opera del governo Berlusconi (con firma anche di Maroni, ministro del welfare e di Castelli guardasigilli).
L’Unar (specifica la sua “mìscion”) «ha la funzione di garantire, in piena autonomia di giudizio e in condizioni di imparzialità, l’effettività del principio di parità di trattamento fra le persone, di vigilare sull’operatività degli strumenti di tutela vigenti contro le discriminazioni e di contribuire a rimuovere le discriminazioni fondate sulla razza e l’origine etnica analizzando il diverso impatto che le stesse hanno sul genere e il loro rapporto con le altre forme di razzismo di carattere culturale e religioso».
Per farlo riceve una dotazione di poco più di 2 milioni di Euro l’anno più una serie di altri benefit.
Come opera? Svolge inchieste, elabora progetti, informa, promuove studi e ricerche, fornisce assistenza alle vittime di discriminazione e – soprattutto – compila due relazioni annuali sulla situazione generale. Per farlo raccoglie tutte le denunce di atti di discriminazione da parte delle vittime ma anche di “testimoni” e informatori (Oggi la “rubrica silenziosa”
sul nostro quotidiano li riporta in tabelle e grafici). Non bastando, si è da un paio di anni attivato per cercare direttamente tutte le nequizie razziste che vengono commesse in giro per l’Italia e soprattutto sulla rete. Ne viene fuori un quadro davvero “impressionante”.
La relazione 2011 è piena di dati, tabelle e diagrammi, gronda di
riferimenti e interpretazioni, descrive minuziosamente le condizioni dei poveri immigrati ma la casistica che espone è – per la verità – davvero smilza. L’anno appena passato sono stati infatti presi in esame 1.000 casi di presunta discriminazione, di cui però solo 799 ritenuti ammissibili e “pertinenti: è l’immagine cupa di un paese pieno di adepti del Ku Klux Klan!
181 sciagurati hanno insultato o discriminato degli stranieri via Internet, 157 lo hanno fatto sul luogo di lavoro, 133 per strada, 87 in un pubblico
ufficio e 50 foresti dichiarano di avere avuto problemi nel cercare casa. 96 sono stati discriminati per il loro orientamento sessuale, che c’entra poco con il luogo di provenienza ma aiuta la statistica. In Italia ci sono circa 6 milioni di stranieri fra regolari e clandestini e le discriminazioni hanno riguardato in un anno 13 casi ogni 100.000 stranieri, 1,7 casi ogni 100.000
cittadini italiani. Roba che neanche in Alabama… A questo punto tutti siamo assaliti dal sospetto di essere presi per i fondelli: oltre a tutto ogni caso di presunta discriminazione ci costa 2.500 Euro.
La sensazione di fastidio fisico aumenta se si vanno a vedere i dati
regionalizzati. Aggrappandosi con passione al “politicamente corretto” (in Italia il buonismo nei confronti dei foresti coincide con il più patriottico unitarismo), l’Unar ci racconta che il 32,3% delle segnalazioni riguardano il Centro, il 27,5% il Nord-Ovest, il 25,9% il Nord-Est e appena il 14,3% il generoso e accogliente Sud. Poi però noi che siamo maliziosi andiamo a fare quattro conti in relazione alla presenza di stranieri sul territorio e cioè dove stiano le possibili vittime della discriminazione. I risultati sono riportati più in basso dalla “Rubrica Silenziosa” che, come si vede, racconta tutta un’altra storia: i padani sono i minori produttori di discriminazioni (per quel che valgono le cifre un po’ kafkiane e patetiche
dell’Unar) ma sono per definizione egoisti e razzisti e nulla può togliere loro di dosso questa infamante (e patriottica) etichetta.
Molto più interessante sarebbe invece raccogliere i dati delle discriminazioni subite da cittadini italiani da parte di foresti: elencare tutti i maltrattamenti, le azioni di razzismo vero, le prepotenze e i reati che i poveri autoctoni devono subire a causa delle paturnie accoglientiste di progressisti, pretini, profittatori e patrioti. Tutti i giorni Pierluigi Pellegrin a Radio Padania Libera tiene una rubrica che raccoglie le malefatte foreste a danno di cittadini italiani nel solo Veneto ed è un elenco infinito, incompleto e devastante. Se dovesse essere fatto (e sarebbe arrivato il momento che qualcuno lo facesse davvero) per tutta la penisola,
ne verrebbero fuori faldoni giganteschi, incontenibili in archivi cartacei ma anche nelle memorie più pesanti. Viviamo in un felice paese dove qualche decina di foresti viene discriminata, qualche centinaio si adonta per comportamenti non proprio eleganti e questi ricevono l’attenzione affettuosa dell’Unar e una citazione su carta patinata. Centinaia di migliaia di italiani vengono molestati, spodestati dal lavoro, infastiditi nelle abitazioni, decine di migliaia vengono derubati e truffati, migliaia subiscono violenze di qualche tipo e molti vengono ammazzati ma la cosa sembra interessare nessuno.
Non c’è governo, ministero, ufficio, Caritas, prevosto o chierichetto che se ne occupino: sono tutti danni collaterali marginali della grande e gioiosa festa dell’accoglienza.
L’Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica (Unar, Ufficio Nazionale Andidiscriminazioni Razziali) è stato istituito con il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, in recepimento della direttiva comunitaria n. 2000/43 e opera nell’ambito del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri. L’istituzione è avvenuta per opera del governo Berlusconi (con firma anche di Maroni, ministro del welfare e di Castelli guardasigilli).
L’Unar (specifica la sua “mìscion”) «ha la funzione di garantire, in piena autonomia di giudizio e in condizioni di imparzialità, l’effettività del principio di parità di trattamento fra le persone, di vigilare sull’operatività degli strumenti di tutela vigenti contro le discriminazioni e di contribuire a rimuovere le discriminazioni fondate sulla razza e l’origine etnica analizzando il diverso impatto che le stesse hanno sul genere e il loro rapporto con le altre forme di razzismo di carattere culturale e religioso».
Per farlo riceve una dotazione di poco più di 2 milioni di Euro l’anno più una serie di altri benefit.
Come opera? Svolge inchieste, elabora progetti, informa, promuove studi e ricerche, fornisce assistenza alle vittime di discriminazione e – soprattutto – compila due relazioni annuali sulla situazione generale. Per farlo raccoglie tutte le denunce di atti di discriminazione da parte delle vittime ma anche di “testimoni” e informatori (Oggi la “rubrica silenziosa”
sul nostro quotidiano li riporta in tabelle e grafici). Non bastando, si è da un paio di anni attivato per cercare direttamente tutte le nequizie razziste che vengono commesse in giro per l’Italia e soprattutto sulla rete. Ne viene fuori un quadro davvero “impressionante”.
La relazione 2011 è piena di dati, tabelle e diagrammi, gronda di
riferimenti e interpretazioni, descrive minuziosamente le condizioni dei poveri immigrati ma la casistica che espone è – per la verità – davvero smilza. L’anno appena passato sono stati infatti presi in esame 1.000 casi di presunta discriminazione, di cui però solo 799 ritenuti ammissibili e “pertinenti: è l’immagine cupa di un paese pieno di adepti del Ku Klux Klan!
181 sciagurati hanno insultato o discriminato degli stranieri via Internet, 157 lo hanno fatto sul luogo di lavoro, 133 per strada, 87 in un pubblico
ufficio e 50 foresti dichiarano di avere avuto problemi nel cercare casa. 96 sono stati discriminati per il loro orientamento sessuale, che c’entra poco con il luogo di provenienza ma aiuta la statistica. In Italia ci sono circa 6 milioni di stranieri fra regolari e clandestini e le discriminazioni hanno riguardato in un anno 13 casi ogni 100.000 stranieri, 1,7 casi ogni 100.000
cittadini italiani. Roba che neanche in Alabama… A questo punto tutti siamo assaliti dal sospetto di essere presi per i fondelli: oltre a tutto ogni caso di presunta discriminazione ci costa 2.500 Euro.
La sensazione di fastidio fisico aumenta se si vanno a vedere i dati
regionalizzati. Aggrappandosi con passione al “politicamente corretto” (in Italia il buonismo nei confronti dei foresti coincide con il più patriottico unitarismo), l’Unar ci racconta che il 32,3% delle segnalazioni riguardano il Centro, il 27,5% il Nord-Ovest, il 25,9% il Nord-Est e appena il 14,3% il generoso e accogliente Sud. Poi però noi che siamo maliziosi andiamo a fare quattro conti in relazione alla presenza di stranieri sul territorio e cioè dove stiano le possibili vittime della discriminazione. I risultati sono riportati più in basso dalla “Rubrica Silenziosa” che, come si vede, racconta tutta un’altra storia: i padani sono i minori produttori di discriminazioni (per quel che valgono le cifre un po’ kafkiane e patetiche
dell’Unar) ma sono per definizione egoisti e razzisti e nulla può togliere loro di dosso questa infamante (e patriottica) etichetta.
Molto più interessante sarebbe invece raccogliere i dati delle discriminazioni subite da cittadini italiani da parte di foresti: elencare tutti i maltrattamenti, le azioni di razzismo vero, le prepotenze e i reati che i poveri autoctoni devono subire a causa delle paturnie accoglientiste di progressisti, pretini, profittatori e patrioti. Tutti i giorni Pierluigi Pellegrin a Radio Padania Libera tiene una rubrica che raccoglie le malefatte foreste a danno di cittadini italiani nel solo Veneto ed è un elenco infinito, incompleto e devastante. Se dovesse essere fatto (e sarebbe arrivato il momento che qualcuno lo facesse davvero) per tutta la penisola,
ne verrebbero fuori faldoni giganteschi, incontenibili in archivi cartacei ma anche nelle memorie più pesanti. Viviamo in un felice paese dove qualche decina di foresti viene discriminata, qualche centinaio si adonta per comportamenti non proprio eleganti e questi ricevono l’attenzione affettuosa dell’Unar e una citazione su carta patinata. Centinaia di migliaia di italiani vengono molestati, spodestati dal lavoro, infastiditi nelle abitazioni, decine di migliaia vengono derubati e truffati, migliaia subiscono violenze di qualche tipo e molti vengono ammazzati ma la cosa sembra interessare nessuno.
Non c’è governo, ministero, ufficio, Caritas, prevosto o chierichetto che se ne occupino: sono tutti danni collaterali marginali della grande e gioiosa festa dell’accoglienza.
Fonte:
www.lindipendenza.com 21/03/2012