La morte di DJ Fabo è avvenuta per suicidio assistito, una delle forme più subdole di eutanasia.
Vicino a ogni uomo che soffre, dovrebbe esserci sempre un uomo che ama, non avvoltoi che per un falso pietismo e per portare avanti una mera ideologia di morte lo accompagna a morire in Svizzera, come fanno da tempo i Radicali.
Da ultimo con DJ Fabo: e magari guadagnandoci anche un bel po’ di soldi (d’altronde ricordo per chi magari se lo fosse dimenticato, che prima della legge 194 anche con gli aborti illegali eseguiti soprattutto dalla Bonino per mezzo di una pompa della bicicletta veniva finanziato il partito).
Io mi chiedo: quando capirete voi radicali e Marco Cappato in primis che chi non è in grado di dare la vita a un morto, non ha il diritto di contribuire a toglierla a un vivo?
Quando capirete che un’invocazione di morte spesso è una protesta contro la solitudine, l’abbandono, la mancanza di attenzione dei familiari?
Quando capirete che l’unica risposta concreta al dolore è l’amore, che deve essere tanto grande quanto è grande la sofferenza?
Sì perché, come ha detto Benedetto XVI: «L’eutanasia è una falsa soluzione al dramma della sofferenza, una soluzione non degna dell’uomo, la vera risposta non può essere infatti dare la morte, per quanto “dolce”, ma testimoniare l’amore che aiuta ad affrontare il dolore e l’agonia in modo umano. Siamone certi: nessuna lacrima, né di chi soffre, né di chi gli sta vicino, va perduta davanti a Dio».
Io mi chiedo: avete mai provato voi radicali a tenere stretta la mano alle persone che accompagnate a morire? A capire quanto pesa per loro una carezza, un sorriso? A guardare questi nostri fratelli con uno sguardo che parte dal cuore e non si ferma alla superficie, che va al di là delle apparenze e riesce a cogliere le attese profonde dell’altro per riuscire così capire cosa si cela dietro la loro richiesta di voler morire?
Avete mai provato a non considerare almeno per una volta queste persone solo come trofei per portare avanti la vostra mera ideologia di morte, come avete già fatto con Piergiorgio Welby , Eluana Englaro e tanti altri?
«Lo sguardo che porto sull’altro decide della mia umanità», diceva Benedetto XVI. Parole che ci esortano a rimanere umani, ci esortano a comprendere che ci vuole una grande umanità per capire che la cosa più difficile da sopportare è il dolore e che la cosa di cui abbiamo più bisogno è che nel dolore ci sia qualcuno con noi che condivide e ci aiuta a non essere soli. Ci vuole solo una grande, infinita, straordinaria umanità.
Ma poi mi chiedo dov’è la vostra coerenza, visto che con la vostra Associazione “Nessuno tocchi Caino” siete contro la pena di morte per assassini e stupratori e poi invece sentenziate la pena di morte di Abele con l’eutanasia e l’aborto.
Voi Radicali state strumentalizzando la sofferenza solo per i vostri scopi ideologici, e per far passare la legge sul testamento biologico in discussione questi giorni in Parlamento. Una proposta di legge che è estremamente dannosa, pericolosa e inutile, primo perché tante persone non possono esprimere la loro volontà in quel momento (pensiamo ai neonati o ai disabili gravi per i quali decideranno altri al posto loro), secondo perché chiaramente si può prevedere un’enorme conflittualità tra tutti i parenti che assistono la persona, terzo perché ci potrebbe essere una disastrosa deresponsabilizzazione dei medici di fronte a situazioni del genere, stravolgendo quindi ancora una volta l’identità della professione medica: da professionista che agisce in scienza e coscienza sulla base delle proprie competenze tecnico-scientifiche sarà ridotto a esecutore – o come dicono già in molti – operatore delle volontà altrui; quarto perché, come è già successo in modo molto evidente con Eluana Englaro, passerebbe un principio contrario alla nostra civiltà e al bene comune: l’esistenza di vite non meritevoli di essere vissute e la storia dell’eugenetica – che è cominciata molto prima del nazismo, con Galton e compagnia – ci dovrebbe insegnare che ciò è pericolosissimo; quinto con questa legge il diritto si trasformerà in uno strumento di morte: se tu hai il diritto di morire, qualcun altro deve avere il dovere di ucciderti!
Abbiamo già tutti i mezzi per alleviare le sofferenze, vedi ad esempio la terapia del dolore e la medicina palliativa: non possiamo eliminare il dolore uccidendo il sofferente.
Dobbiamo capire infine che ci sono cose che solo i più sofferenti e i più bisognosi dei nostri fratelli ci possono insegnare, cose come la solidarietà la condivisione, la tenerezza, la voglia di amare nonostante tutto. E ti assicuro che sono queste le cose che creano amore e pace nel mondo e non il pensare che sopprimere queste persone con l’eutanasia sia una scelta di “civiltà”. Se queste persone noi invece le emarginiamo o le sopprimiamo per meri calcoli economici o per malefici fini ideologici, saremo sicuramente tutti noi a perderci.
«Beato l’uomo che ha cura del debole, veglierà su di lui il Signore, lo sosterrà sul letto del dolore; gli darà sollievo nella sua malattia» (Sal 40).
Giorgio Celsi